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martedì 29 giugno 2010

Mondiali: mai dire dimissioni

Al Mondiale sudafricano, nessuno ha ancora vinto, ma molti hanno già perso. Italia e Inghilterra hanno fallito sul campo. La Fifa nel suo arroccamento contro l'introduzione di qualsiasi tecnologia che possa coadiuvare gli arbitri nelle decisioni su situazioni dubbie. E i risultati si sono visti domenica. Eppure, nessuno dei responsabili dei fallimenti si è dimesso. Non lo hanno fatto i vertici della Figc italiana, né Capello che ha sottoscritto un contratto milionario per allenare gli inglesi. Né tanto meno il capo della Federazione internazionale Blatter

Ke Nako. È arrivata l’ora dei primi verdetti al Mondiale sudafricano. Nessuno ha ancora vinto, ma molti hanno già perso.
IL FIASCO DELL'ITALIA
Ha fallito l’Italia. L’eliminazione al primo turno, come era successo nel 1974, è al di sotto di ogni ragionevole aspettativa. Di chi è la colpa di questo fiasco? Marcello Lippi ha indubbie responsabilità, ma aveva già deciso di lasciare e quindi è inutile infierire. Da più parti si è levata la richiesta delle dimissioni del presidente della Federazione gioco calcio, Giancarlo Abete. Il presidente di una federazione non dovrebbe, a mio avviso, essere giudicato dalle prestazioni in campo. I risultati in una competizione che dura un mese sono sempre in parte aleatori e su di essi il presidente non ha alcun impatto diretto. Si può controbattere che Lippi – e prima di lui Roberto Donadoni – è stato scelto dalla Federazione. Ma allora, per essere proprio precisi, occorre ricordare che Abete ha un vice, Demetrio Albertini, che è il vero responsabile delle decisioni tecniche. La scelta di Donadoni, oggi disoccupato, è stata semplicemente inspiegabile, dato il suo curriculum. Quella di richiamare Lippi opinabile, dato che si sapeva che così facendo avremmo corso il rischio di una riproposizione del blocco che aveva vinto quattro anni fa. Albertini dovrebbe certamente fare il gesto di presentare le dimissioni. Anche Abete avrebbe dovuto dimettersi, ma non per l’esito della spedizione in Sud Africa, quanto piuttosto per la mancata assegnazione di Euro 2016. Nel 2007 non era riuscito ad aggiudicarsi gli Europei del 2012, ma era appena arrivato e non poteva essere considerato responsabile. Dopo tre anni, nessun passo in avanti era stato fatto, come mostra la valutazione della Fifa del nostro dossier. Che senso aveva allora ripresentare la nostra candidatura? L’idea di Abete era quella di usare l’Euro come uno strumento per ottenere dallo Stato fondi per rifare gli stadi. La scommessa è fallita e Abete avrebbe già dovuto andarsene il giorno dopo. Ma Abete e Albertini sono ancora al loro posto e sembra che Albertini “studi” per diventare a sua volta presidente della Figc. Auguri al calcio italiano, nel caso. Ne avrà bisogno.

E QUELLO DELL'INGHILTERRA
Ha fallito l’Inghilterra e in primo luogo Fabio Capello. Capello ha avuto molti colpi di sfortuna in questo periodo: la mancanza di un portiere di buon livello, l’infortunio di Ferdinand che lo ha privato di un centrale difensivo di alto livello, l’infortunio di Rooney che ha reso purtroppo patetico il suo rendimento e, buon ultimo, l’incredibile errore dell’arbitro e del guardalinee sul gol non concesso a Lampard contro la Germania. Ma Capello è indifendibile perché ha accettato il ruolo di salvatore della patria calcistica inglese, con un contratto di 6 milioni di sterline l’anno. Adesso gli inglesi scoprono che anche con lui non c’è garanzia di fare bene in un torneo così breve e si chiedono: a che servono i soldi dati a Capello? Certo, l’errore maggiore è stato della Federazione inglese che glieli ha dati, ma chi accetta un contratto con certe cifre dovrebbe sapere che c’è una clausola implicita: quella che richiede di offrire le proprie dimissioni in caso di fallimento. Capello invece quella clausola l’ha fatta eliminare prima del Mondiale, mettendo sul piatto l’offerta dell’Inter. Dimettendosi salverebbe la faccia, ma perderebbe i soldi. Preferisce chiaramente il contrario e si farà cacciare.

LA FIFA E LA TECNOLOGIA
Ha perso la Fifa e quindi il suo presidente Joseph Blatter. La giornata di domenica è stata catastrofica per gli arbitri. Il gol non concesso a Lampard e quello irregolare concesso a Tevez sono stati visti da tutti, tranne che dagli arbitri. In tutti questi anni, la Fifa ha rifiutato di usare la tecnologia per migliorare le decisioni degli arbitri. Nel marzo scorso ha rifiutato persino la proposta del presidente dell’Uefa, Michel Platini, di introdurre arbitri dietro le porte proprio per evitare situazioni come quella del gol di Lampard. L’assurdità della situazione è diventata evidente quando l’arbitro Roberto Rosetti, assediato dai giocatori messicani, ha visto sul maxi schermo dello stadio che aveva sbagliato nel concedere il gol all’Argentina, ma, date le regole, non poteva tornare indietro. La reazione della Fifa? Quella di dire che d’ora in poi i gol non saranno più mostrati sui maxi schermi. Se ne andrà almeno lo svizzero Blatter? Macché. Punta a essere rieletto e lo sarà certamente. Del resto, il suo predecessore, il brasiliano João Havelange, rimase in carica fino a 82 anni. Blatter ha due anni in meno di Lamberto Cardia, appena nominato presidente delle Ferrovie dello Stato. Ma, purtroppo, per gli svizzeri, le ferrovie sono una cosa seria.
Fausto Panunzi

venerdì 25 giugno 2010

ITALIA FUORI. E CALDEROLI NEL PALLONE

Nell'ansia di semplificare, il ministro per la Semplificazione Calderoli ha trovato, immediatamente dopo l'eliminazione dell'Italia ai Mondiali di calcio, la diagnosi e la terapia dei problemi delle nostre squadre: troppi stranieri sui campi italiani e pochi giocatori allevati nei vivai nazionali. In realtà l'esperienza italiana e di altri paesi lo smentisce. I veri problemi del calcio italiano, seri e strutturali, sono gli stadi inadeguati e l'eccessiva dipendenza dei ricavi dalla televisione, aggravati da una mancanza di leadership a livello di Lega e Federazione


Dopo eliminazioni così amare come quella subita ieri dalla nazionale di calcio italiana, bisognerebbe rimanere calmi e ragionare con la testa fredda. Invece il ministro Calderoli ha già trovato in poche ore diagnosi e terapia: la colpa è dell’eccessivo numero di stranieri che giocano nelle squadre italiane. La possibilità di "importare" extra-comunitari avrebbe ridotto gli incentivi per i nostri grandi club a investire sui giovani, rinunciando a coltivare i vivai. Inoltre gli stranieri rubano il posto ai giovani talenti italiani. Basterà quindi chiudere le frontiere per avere una Nazionale di nuovo vincente.
GIOCATORI NON APPREZZATI ALL’ESTERO
Calderoli è Ministro per la Semplificazione, ma stavolta semplifica troppo. Partiamo dall’ovvio. L’Italia è tuttora campione del mondo in carica (seppur per altre due settimane). Quattro anni fa le frontiere erano aperte e c’erano decine di stranieri che giocavano nelle squadre italiane. Le frontiere erano già aperte quando siamo arrivati terzi a Italia 90 (Maradona era già l’idolo di Napoli) e persino, seppure in modo limitato, quando siamo diventati campioni del mondo nel 1982.Inoltre quello italiano non è certo l’unico campionato pieno di stranieri. Lo sono anche quelli di Spagna, Inghilterra, Germania e Francia. Ma solo la Francia, come noi, è già stata eliminata. Le altre sono tutte qualificate per gli ottavi di finale. La vera anomalia italiana degli ultimi anni è l’incapacità di esportare giocatori. Anni fa Vialli, Zola, Di Matteo, Gattuso, Carboni giocavano in Inghilterra o Spagna, in club come Chelsea o Valencia che lottavano per lo scudetto. Solo quattro anni fa Toni andava al Bayern. Oggi ci sono pochissimi giocatori italiani che giocano fuori dai nostri confini e tutti in squadre di secondo piano. Questo non dipende certo dal fatto che le squadre straniere non possono pagare stipendi competitivi: il Real strapaga Cristiano Ronaldo e Kakà e il Barcellona Ibra. E gli allenatori italiani hanno mercato all’estero: Ancelotti al Chelsea, Capello allenatore dell’Inghilterra, Mancini al City, Spalletti allo Zenit. Vuol dire che pochissimi giocatori italiani sono apprezzati all’estero. Questo è il vero problema. Chiudere le frontiere non aiuta molto se il problema è che i beni prodotti internamente non sono competitivi sui mercati internazionali. Senza contare che chiudere le frontiere, invece, servirebbe solo a far salire il monte salari e spingere ancor più verso il rosso i bilanci delle società italiane e che, grazie ai giocatori extra-comunitari, come brasiliani e argentini, i nostri club sono riusciti spesso a ben figurare in competizioni a livello internazionale, acquisendo esperienza in incontri di alto livello.
CHI FA LA DIFFERENZA IN CAMPO
Esiste certamente un problema vivai, non solo a livello italiano. La possibilità di strappare talenti in giovane età rende meno conveniente investire internamente rispetto a usare il mercato. Nel trade-off tra “make or buy” oggi nel calcio conviene decisamente il buy. Forse le politiche di compensazione per la formazione dei giovani talenti dovrebbero essere riviste. Ma non dimentichiamo neanche che le squadre sudamericane sono esposte allo stesso problema e non sembrano risentirne in alcun modo, almeno a vedere la loro performance ai Mondiali. E neanche, a livello di club, il Barcellona, squadra che da sempre investe molto nel vivaio, sembra averne troppo sofferto.Infine una considerazione più calcistica. Nel calcio basta poco per fare una grande differenza nei risultati sportivi. Se andiamo a vedere la performance della Francia negli ultimi quattro mondiali vediamo che ha fatto sempre benissimo quando aveva Zidane in campo (Francia 1998 e Germania 2006) e malissimo quando non c’era (nel 2002 era infortunato e giocò solo la terza e ultima partita, peraltro in condizioni menomate). L’Inghilterra sembra un’altra squadra rispetto a pochi mesi fa perché Rooney non si è ancora ripreso dall’infortunio alla caviglia. Insomma, il calcio italiano ha problemi seri e strutturali: stadi inadeguati e eccessiva dipendenza dei ricavi dalla televisione, aggravati da una mancanza di leadership a livello di Lega e Federazione. Ma sull’eliminazione di ieri forse hanno pesato di più gli infortuni di Buffon e Pirlo e la testardaggine di Lippi.

Tito Boeri

Fausto Panunzi

giovedì 17 giugno 2010

Chi vincerà i Mondiali? Lo suggerisce il modello econometrico

Chi vincerà i Mondiali? Sono in molti a chiederselo in questi giorni e a fare previsioni. Comprese Jp Morgan, Ubs e Goldman Sachs. Un modello econometrico che utilizza dati tecnici e dati socio-economici indica quale nazionale ha più probabilità di arrivare alla vittoria finale. Le più accreditate sono la Spagna e l'Inghilterra, possibile outsider l'Olanda. Una previsione confermata anche utilizzando una diversa tecnica, l'analisi fattoriale. Per l'Italia invece le chance di vittoria sono davvero esigue

L’ultima squadra delle trentadue qualificate per il Sud Africa scenderà in campo solo mercoledì 16 giugno, ma è già tempo di chiedersi: chi vincerà i Mondiali? L’articolo di Luciano Canova e Andrea De Capitani, che pubblichiamo oggi, propone una previsione che mette insieme dati tecnici, relativi alla performance delle squadre nelle passate edizioni dei mondiali, e dati socio-demografici, quali reddito pro-capite del paese e tasso di alfabetizzazione. Vi lasciamo alla lettura dell’articolo per sapere quale nazionale si aggiudicherà il mondiale secondo questa previsione. Ma ve ne sono anche molte altre. Alcune le trovate in questo sito.
PREVISIONI MONDIALI
JP Morgan fa una previsione basata su dati tecnici (ranking Fifa, risultati nelle qualificazioni e nelle edizioni precedenti dei Mondiali) e di mercato (le quote del bookmakers). Un’analisi che replica quella che JP Morgan usa per valutare le azioni delle società, che utilizza sia variabili legate ai “fondamentali” di mercato che all’investor sentiment. JP Morgan prevede che la Coppa andrà a Londra, con la squadra di Fabio Capello che batterà in finale la Spagna. Secondo questo modello, l’Italia tornerebbe a casa nei quarti, sconfitta dagli spagnoli. Chissà se è cambiato l’investor sentiment dopo la papera del portiere Robert Green. Quello di Capello sicuramente sì.Invece Ubs usa i criteri ideati dal fisico Arpad Elo per classificare i giocatori di scacchi, criteri che tengono conto dei risultati precedenti, pesati per la forza dell’avversario (vincere contro Brasile e Spagna ha maggior valore che vincere contro Malta). Il Brasile risulta la squadra favorita, con l’Italia che segue la Germania al terzo posto.Goldman Sachsusa un modello con criteri simili a quelli di JP Morgan, ma prevede il Brasile probabile vincitore, con la Spagna subito dopo. L’Italia è al settimo posto con una probabilità di vittoria che è la metà di quella del Brasile.I norvegesi del Norwegian Computing Center hanno simulato al computer le partite e hanno trovato la Spagna favorita, davanti ad Argentina e Brasile.Insomma, le favorite sono sempre le solite, qualunque modello si usi. Ma il bello del calcio è che le previsioni possono essere smentite facilmente. Nell’atletica, se c’è Usain Bolt, si sa che vincerà lui i 100 metri. Nel calcio, specie nelle partite a eliminazione diretta, basta un errore arbitrale, un rigore che va sul palo o una papera del portiere per cambiare tutto. Il grande Nereo Rocco, a chi gli diceva prima delle partite “Vinca il più forte!”, rispondeva “Speriamo di no”. Ecco, noi speriamo di no, vista l’Italia pre-Mondiale.
Fausto Panunzi
Tratto da www.lavoce.info
http://www.wikio.it

il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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