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sabato 14 marzo 2009

Quel sapore di antico dell'esonero di Reja

Con l'esonero nottetempo del tecnico friulano, il Napoli sembra essere ritornato ai tempi in cui Ferlaino cacciava all'improvviso gli allenatori. Donadoni, poco decisionista, sembrerebbe essere l'uomo sbagliato nel posto sbagliato

Permettete una parola? L’esonero di Reja dal Napoli ha sapore d’antico, dei tempi in cui lo storico presidente Corrado Ferlaino cacciava all’improvviso gli allenatori che non riuscivano a garantire continuità di risultati. Purtroppo quei tempi, che non sono i "tiempe belle ‘e na vota" della famosa canzone di Califano e Valente, sono ritornati. Segno di una gestione societaria che purtroppo ha per ora fallito l’aggancio all’Europa, nonostante i cospicui mezzi approntati dalla buona gestione di bilancio (nel 2007/08 ha incassato 88,4 milioni che hanno ampiamente coperto i costi di gestione, chiudendo con un utile di 11,9 milioni). Ci si è illusi tutti, società, tifosi e addetti ai lavori, che il Napoli potesse continuare la sua marcia trionfale verso la zona Champions League, iniziata con i successi prestigiosi ottenuti con Fiorentina, Juventus e Palermo. A metà ottobre, avevo sottolineato nella trasmissione dell’emittente napoletana Canale 21, Campania Sport, che gli azzurri non potevano proseguire a ritmi elevati e che avrebbero dovuto fare i conti con un possibile calo fisico, dopo la partenza sprint dovuta alla preparazione anticipata per l’Intertoto. Fui subissato dalle critiche e dai rimbrotti degli ospiti in studio: avrei proprio voluto che avessero ragione, invece è andata (come volevasi dimostrare) diversamente.
Tornando a Reja, che ho tante volte criticato per il suo indecisionismo, voglio dargli atto di essere uscito di scena da vero signore qual è. Egli risponde anche per colpe non sue. L’unica sua mancanza grave è quella di non aver puntato i piedi per il mercato di riparazione di gennaio: avrebbe dovuto chiedere un giocatore di fascia sinistra che non è arrivato: ci sarebbe voluto anche un "regista" di centrocampo e una vera punta d’area (Denis non lo è, poiché pretende di essere sempre imbeccato dai compagni). Il direttore generale Marino gli ha dato Datolo, pagato ben 8 milioni, che non può ricoprire questo ruolo e nient’altro. A questo punto il tecnico si sarebbe dovuto dimettere. E invece gli è stato dato il benservito nottetempo dalla società, con un comunicato pubblicato attorno alle 22.30 di martedì scorso.
E adesso esaminiamo l’arrivo di Roberto Donadoni. Un allenatore che tutti gli addetti ai lavori durante gli Europei della scorsa estate hanno criticato per il suo indecisionismo e per aver snaturato alcuni giocatori dal proprio ruolo. Ricordo ancora il quarto di finale contro la Spagna, terminato all’eliminazione ai rigori dell’Italia. Aquilani, De Rossi e Ambrosini relegati a fare i "Gattuso" svolgendo soltanto ruoli di copertura. Cassano relegato a centrocampista aggiunto, lasciando da solo Toni a fare il centroboa solitario sovrastato dai giovani e coriacei difensori spagnoli. Nonostante l’esonero, Donadoni sembrerebbe che sia rimasto in buoni rapporti con la Figc, tanto da essere definito "uomo di Federazione". L’ex ct era alla ricerca di una panchina nuova: quando l’Udinese a fine dicembre attraversava un periodo buio simile a quello del Napoli, sembrava che dovesse sostituire il tecnico friulano Marino, cosa che poi non è avvenuta. Non lo nascose in un’intervista ai giornalisti di Udineseblog: "Rispondo come ho già detto pochi giorni fa. Posso solo dire che là dove c'è un programma serio che mira ad obiettivi concreti allora sono disponibile". Donadoni proseguì dicendo che "vale per tutte quelle squadre che hanno questi propositi - ha aggiunto Donadoni - Si chiamino Udinese o in altra maniera. Sono sei mesi che non alleno e mi spiace non fare questo lavoro. Voglio rientrare nel giro". Insomma, doveva tornare a lavorare: non importa se l’Udinese e poi il Napoli erano in piena crisi e il progetto di entrambe era offuscato.
Insomma, monsieur le Donadon, che ha lasciato un ottimo ricordo a Livorno che però aveva ben altre ambizioni rispetto al Napoli, sembra proprio essere l’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Bisogna riconoscergli però un grande coraggio ad accettare di prendere le redini di una squadra allo sbando a meno di tre mesi dalla fine del torneo, con pochissime speranze (forse sono solo congiunzioni astrali) di piazzamento in zona Uefa. Almeno questo è un segno positivo, in mezzo a tanti problemi.
Domani schiererà gli azzurri con il 4-3-1-2 contro la Reggina: anche un bambino lo avrebbe capito che avrebbe ricalcato lo schema di Reja, poiché il Napoli non ha più esterni dopo l’infortunio grave di Maggio. Bisognerà vedere se Donadoni imposterà una partita difensiva come quella contro la Spagna. E soprattutto notare se è riuscito a recuperare l’armonia della squadra: lo scontro Denis-Santacroce è forse stata la spia di un malessere ancor più diffuso nello spogliatoio che, sommato al calo atletico, ha fermato la rincorsa del Napoli verso l’Europa. Voglio dargli però una chance, sperando di sbagliarmi sul suo conto: magari riuscirà davvero a raddrizzare il timore della nave azzurra.
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte

domenica 25 gennaio 2009

Dopo Napoli-Roma: ecco i limiti di Reja



























Il tecnico goriziano ha dimostrato per l'ennesima volta che quando una gara nasce sotto una cattiva stella non riesce a raddrizzarla, come già accaduto a Chievo e in altre occasioni. Se si accoppiano le indecisioni sui cambi e lo stato di forma precario degli azzurri, si spiega la disfatta odierna
Permettete una parola? La partita di oggi contro la Roma ha evidenziato in modo marcato il limite di Eddy Reja. Il raffinato ed elegante tecnico del Napoli (inappuntabile nelle interviste tv), purtroppo quando una gara nasce sotto una cattiva stella non riesce proprio a raddrizzarla: anzi, alla fine è destinata a finire nel peggiore dei modi. Era già stato così contro il piccolo Chievo che, grazie alle indecisioni dell'allenatore azzurro, è diventato una squadra di alta classifica. E oggi, ancora a causa delle indecisioni di "re tentenna", la Roma ha dominato e passeggiato al San Paolo manco fosse il Manchester United con un 3-0 che non ammette repliche. A sua parziale scusante va detto che l'errore arbitrale sul primo gol del giallorosso Mexes, in netto fuorigioco, ha avuto un peso determinante. Ma va anche sottolineato che, con il Napoli odierno, sarebbe sicuramente accaduto subito dopo un altro episodio che avrebbe portato in vantaggio gli avversari.
Le indecisioni di Reja si sono viste (per l'ennesima volta) anche sui cambi. Ma perché non è stato messo subito a inizio ripresa Russotto al posto di Pazienza, invece di Bogliacino ancora non in perfette condizioni fisiche? Sul 2-0 il risultato era quasi compromesso per gli azzurri: bisognava però tentare il tutto per tutto con un "trottolino" capace di mettere in difficoltà la Roma con la sua imprevedibilità. E invece no: è arrivato anche il terzo gol e altre due sostituzioni inutili. Cambiare Denis per Zalajeta, l'unico assieme a Lavezzi (ha dato l'anima nonostante l'asfissiante e fallosa marcatura) che stava tentando di salvare la baracca, è stato l'ennesimo errore nella "nebbia tattica" calata sul San Paolo. Su Denis, non per sua colpa, c'è un errore tecnico: è un attaccante che ha bisogno di essere imbeccato necessariamente da un compagno. Se Lavezzi, Gargano, oggi impegnato a pensare alle vacanze estive, oppure Maggio e Mannini, con le loro percussioni e i loro cross, non lo servono, l'argentino è come un pesce fuor d'acqua. Infine, il cambio Montervino-Blasi è servito solo a porre un'annotazione sul tabellino: non poteva essere effettuato nei primi minuti del secondo tempo?
Occorreva solo un po' di coraggio: almeno si sarebbe potuto dire che erano state provate tutte, prima di alzare bandiera bianca contro una Roma che si è dimostrata superiore al Napoli, soprattutto nella forma fisica. Speriamo che Reja, a cui comunque il Napoli e i tifosi devono comunque dire "grazie" per il lavoro svolto dalla C1 alla A, si ricordi di questo pomeriggio in una prossima difficile eventualità. Ultima annotazione: gli azzurri giocano ininterrottamente dal 1° luglio, dall'Intertoto. Il calo di forma registrato dalla partita con il Torino, e che ancora perdura dovrebbe far suonare un campanello d'allarme e porre rimedio: prima di perdere anche la zona Uefa.
Marco Liguori
Riproduzione riservata, consentita solo dietro citazione della fonte

venerdì 31 ottobre 2008

Reja prova a segare l’”albero di Natale” di Ancelotti

Il tecnico rossonero dovrà scegliere tra il più prudente 4-3-2-1 con il più offensivo 4-3-1-2 con punte Pato e Inzaghi. L’opzione sarà dettata dallo stato di forma della squadra che dovrà affrontare la formazione azzurra che ha la stessa vocazione offensiva di quella milanista: entrambe hanno segnato 14 gol

Quali saranno gli schieramenti possibili per Milan – Napoli di domenica sera? C’è grande curiosità per la partitissima di domenica prossima soprattutto sul come sarà collocata in campo la formazione rossonera. Molti indizi portano a pensare che Carlo Ancelotti sia intenzionato a schierare il suo prediletto “albero di Natale”: ossia lo schema 4-3-2-1 che ricorda molto il simbolo delle feste di fine anno. Uno schema più prudente rispetto al 4-3-1-2 di mercoledì scorso col Siena. Dal canto suo l’allenatore azzurro Eddy Reja proverà a segare “l’albero” del suo collega, disponendo sul tappeto verde di San Siro il suo solito 5-3-2, che si sta rivelando molto fruttoso con la coppia d’attacco argentina Denis e Lavezzi.
I motivi della scelta più cauta del tecnico rossonero potrebbero riguardare lo stato di forma di alcuni dei suoi giocatori e l’essere più cauto contro la formazione partenopea, che ha la stessa vocazione offensiva dei rossoneri con 14 gol realizzati. Sicuramente i difensori in linea della partita giocata contro la squadra toscana saranno cambiati: avendoli visti all’opera alla “Scala del calcio” c’è sicuramente da pensarlo. Il quartetto (da destra) Antonini, Bonera, Favalli e Zambrotta non era per nulla convincente: anzi, l’ex terzino di Juve e Barcellona ha giocato in una posizione a lui non congeniale. Chiamale se vuoi sperimentazioni: ma più volte gli attaccanti senesi Kajer e Frick hanno messo in difficoltà la retroguardia rossonera. Nell’azione del gol, il bianconero Vergassola è entrato come una lama nel burro. Dovrebbero quindi rientrare Maldini al centro e l’ex del Napoli Jankulovski (voluto fortemente da Zeman nel 200/01) sulla fascia sinistra: ritorna sulla destra Zambrotta e mentre dovrebbe esserci Bonera come secondo centrale. Possibili però sorprese: oggi Nesta, Senderos e Kaladze hanno svolto l’allenamento e giocato la partitella a Milanello. E’ possibile che uno di loro, condizioni fisiche permettendo, possa giocare al posto di Bonera. “L’albero ancelottiano” dovrebbe prevedere a centrocampo Gattuso, Ambrosini (oppure Emerson che nella precedente gara ha convinto) e Seedorf. Centrocampisti più avanzati Kakà e Ronaldinho a supporto dell’unica punta: in ballottaggio Inzaghi, in grande forma contro il Siena, e Boriello. Questo schieramento più prudente potrebbe essere dettato dall’esigenza di frenare le sgroppate di Lavezzi. Ma non solo. Il Milan dovrà temere le due altre armi del Napoli presenti sulle fasce, settori poco utilizzati l’anno scorso. La prima a destra è Maggio, molto pericoloso con le sue percussioni e i cross sulla fascia: l’altra è Mannini, altro buon suggeritore di palloni dalla sinistra. Ancelotti dovrà anche tenere a bada Hamsik, le cui accelerazioni improvvise da metà campo nel Napoli – Milan (finito 3-1) dello scorso 11 maggio sono rimaste ancora come un incubo nella memoria dell’allenatore milanista. Probabilmente lo Slovacco potrebbe subire le cure di Gattuso. Rientrerà Blasi, diga del centrocampo azzurra. In porta rientra Iezzo, dopo l’infortunio alla schiena con la Lazio, mentre dovrebbe essere confermato il trio difensivo Santacroce-Cannavaro-Contini.
Il buon Ancelotti potrebbe però ripensarci: in fondo il Napoli lascia abbastanza spesso gli spazi per la manovra agli avversari. E allora potrebbe inserire dal primo minuto a centrocampo Gattuso, Emerson (se non anche Flaminì se riuscisse a recuperare) con Ambrosini a sinistra. Questa linea mediana dovrebbe coprire il reparto avanzato costituito da Kakà a sostegno delle due punte (tanto care al patron Silvio Berlusconi che non ne gradisce una sola) Pato e Inzaghi, che hanno mostrato un’ottima intesa contro il Siena. La scelta tra 4-3-2-1 e il 4-3-1-2 potrebbe essere dettata anche dalla condizione della squadra in vista dell’incontro di giovedì prossimo in Coppa Uefa contro il Braga al Meazza. In questa partita c’è un solo tema ben definito: comunque vada il Napoli «non ha nulla da perdere» come ha sottolineato il direttore generale Pierpaolo Marino. Il Milan è condannato a vincere, secondo l’imperativo del gruppo Fininvest: più veloci, più alti, più forti, i migliori.
Marco Liguori
(Riproduzione riservata, consentita soltanto dietro citazione della fonte)

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il pallone in confusione

Registrazione n° 61 del 28 settembre 2009 presso il Tribunale di Napoli
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Editore e direttore responsabile: Marco Liguori

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